Giovanni non dice tutta la verità
Continua da La prima notte
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«E quando ha iniziato a incolpare suo zio Giovanni di essere coinvolto nell’incidente che ha causato la morte di suo padre?»
«Non ricordo di preciso. So solo che mio zio ne fece una tragedia e minacciò mia madre urlando che la smettessi subito di calunniarlo, oppure lui non ci avrebbe mai più rivolto la parola.»
«Ma lei che sospetti aveva contro suo zio?»
«Io? Nessuno! Come potrei sospettare di mio zio? Del fratello di mio padre?!»
«Eppure, poco fa, lei ha ricordato di aver scritto, per due settimane di fila, “Giovanni non dice tutta la verità”. Conferma di averlo scritto?»
«Sì sì... e aggiungo che tutte le notti, come una sonnambula, giravo per casa fino a quando non ritrovavo la giacca di mio padre; me la portavo in camera e l’appoggiavo sullo schienale della sedia. Con il suo giaccone accanto, mi sentivo più tranquilla. Mi sedevo e cominciavo a scrivere. La mattina, mia madre entrava in camera, afferrava la giacca e andava a nasconderla... Questo, però, lo sappiamo già... »
***
Ricordo che, vestito di tutto punto, ma senza le scarpe, giravo per casa per recuperare il mio giaccone. Mi chiedevo perché fossi senza scarpe e mi rispondevo che era per non fare rumore e svegliare mia figlia che stava dormendo nella sua stanza. E sorridevo tranquillizzato: in cuor mio ero felice che almeno mia figlia fosse tornata. Mi indispettiva che non lasciasse mai la giacca dove l’avevo sistemata la sera prima, ma la gioia di averla con me era tale che passavo sopra al suo dispettoso disordine.
Rimessa la giacca al suo posto, leggevo qualche passo del Vangelo.
Mi ero accorto subito che qualcosa non quadrava.
Il codice, in parte, differiva dalla vulgata a stampa. Era lampante!: il codice era diverso e rivelava delle verità che la vulgata, invece, taceva. Per questo non mi ero fatto scrupoli e avevo deciso di rubare il codice dalla biblioteca. Il mondo doveva sapere che il Vangelo di Giovanni era stato manipolato; che il Giovanni a stampa non diceva tutta la verità.
Io lo avrei urlato ai quattro venti. Per questo avevo nascosto il Vangelo nella tasca segreta della giacca ed ero fuggito in moto. Per questo passavo le notti in camera di mia figlia a studiare e scrivere.
Mi piaceva guardarla mentre dormiva. Ogni tanto si svegliava. Si spaventava vedendomi lì; poi si rasserenava e mi sorrideva. Io ricambiavo e mi rituffavo nella lettura. Il codice doveva essere svelato.
***
«Signorina, è chiaro che lei non si fida di me.»
«Ma che dice, dottore!»
«Se lei si fidasse, si lascerebbe guidare verso la completa guarigione!»
«Dottore, io voglio guarire!»
«Signorina, non prendiamoci in giro! Sono tre anni che lei scrive delle frasi ben precise. Frasi che accusano e che lancia come fossero pietre, per, poi, nascondere la mano, affermando che si tratta di frasi senza senso... Ma, noi sappiamo che un senso lo hanno, vero signorina?»
«Ma io... non capisco!»
«Signorina, lo dico per il suo bene: smetta di girarci attorno! Affronti la realtà!... Il giorno dell’incidente, lei cosa ha visto?»
«... Io... io... »
«La testa. Si concentri sulla testa di suo padre.»
«Oddio... Gli occhi... erano... erano schizzati via... Il foro del proiettile li aveva fatti esplodere e parte della calotta cranica... era... era rimasta nel casco.»
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